Tartuficoltura: Impianto di una tartufaia e coltivazione del tartufo
Per l’impianto di una tartufaia ci si deve attenere a pochi ma essenziali lavori preliminari. Questi vanno dai lavori di preparazione del terreno alle cure per mantenere e far evolvere la fruttificazione del micelio e, quindi, dei tartufi.
I punti per una buona coltivazione di tartufi sono:
1. Scelta del terreno e del luogo di impianto
2. Scelta della pianta simbionte (pianta micorrizata)
3. Tecniche di impianto e lavorazione del terreno
Scelta del terreno e del luogo di impianto
Chi si vuole avvicinare alla coltivazione del tartufo spesso ha molti dubbi. Domande tipiche sono: Come è possibile coltivare il tartufo? Quali sono i metodi di coltivazione delle piante? Quali sono gli interventi al suolo, gli interventi colturali prima della comparsa dei pianelli? E, ancora, come si può potare una pianta da tartufo e come la si può irrigare?
Bisogna subito dire che nelle zone a vocazione tartuficola o in luoghi dove normalmente vengono trovati tartufi, non necessariamente in luoghi vicini al luogo dove verrà poi creato l’impianto, ci si può orientare verso la tartuficoltura senza che si facciano errori.
Avere un appezzamento di terreno senza questi requisiti invece comporta la necessità di effettuare ulteriori indagini. Ad esempio bisogna prima di tutto individuare le piante erbacee che nascono spontaneamente sul suolo. Il tartufo nero ama terreni ricchi di calcio di conseguenza queste piante dovranno essere calciofile, ovvero bisognose di calcio. Tra queste sono l’Onobrychis viciaefolia Scop.,, l’asparago selvatico, il trifoglio bianco (Trifolium repens L.) e la lupolina (Medicago lupolina L.), il sedum reflexum, il sedum sexangulare, l’anagallis formina, gallium verum
Tra le piante arbustive si ricordano: l’ulivo, la vite, la ginestra odorosa, il ginepro rosso, il ciliegio canino, il biancospino, il corniolo, la fumana, varie specie di rosa e il prunus spinosa. Queste specie formano endomicorrize e quindi non producono tartufi di per sé ma posso favorire la loro formazione. In caso non si possano avere tutte queste informazioni si deve necessariamente procedere con un’analisi chimica, dove saranno analizzati il Ph, il tasso di calcare totale e attivo, la tessitura(sabbia limo argilla), sostanza organica, rapporto carbonio-azoto.
Generalmente nei luoghi dove si rinvengono tartufi neri si può optare per una tartuficoltura sia di nero estivo(tuber aestivum Vitt., maturazione maggio-agosto) sia di nero invernale pregiato o di Norcia(tuber melanosporum Vitt., maturazione novembre-marzo). Per il tartufo bianco pregiato o di Alba (tuber magnatum Pico, maturazione ottobre-dicembre), dobbiamo ricreare l’ambiente in cui vive in modo quanto più reale. Il sesto d’impianto quindi sarà più fitto di quello dei tartufi neri(4x2/2,5 metri). Una caratteristica che accomuna tutte le zone produttrici di tartufo bianco è la presenza immancabile di vari arbusti, quali: sanguinella, nocciolo, vitalba rosa canina, rovo, ginepro comune, ginestra, sambuco, biancospino; e di varie erbe, quali; farfaraccio, primula, ortica, ranuncolo, falasco, lampone selvatico. Per l’impianto di piante da tartufo preferibilmente si devono rinvenire nelle vicinanze, oltre a questa flora, tartufi naturali o altrimenti, anche in questo caso effettuare, dettagliate analisi in laboratorio del terreno.
Tartufi trovati nell’estate 2009
Scelta pianta simbionte nella coltivazione del tartufo
L’elemento di massima importanza per avviarsi correttamente alla tartuficoltura è certamente la pianta, che poi diventerà pianta micorrizata. Essa deve avere una discreta percentuale di micorrizazione, pari o superiore al 20 per cento. La nostra Azienda ottiene piante con una quantità di micorrize che si attesta oltre il 50 per cento, con punte dell’80 per cento.
Molti produttori di piante micorrizate da tartufo cercano di conquistare la fiducia dei propri clienti offrendo piantine di 60/80 cm, e anche oltre, grazie all’ausilio di concimi chimici, lasciando credere che questa caratteristica sia sinonimo di anticipata produzione di tartufi. Nulla di più falso. La pianta da tartufo non può assolutamente essere concimata, sia in vivaio sia in pieno campo, perché così facendo vengono bruciate le micorrize sulle radici. Le nostre piantine, essendo “naturali”, variano dai 15cm a massimo 30cm. di altezza. Oltre alla vendita, le nostre piantine vengono impiantate anche nei nostri terreni di proprietà. I primi risultati, ovvero l’inizio della produzione, sono stati ottenuti all’età di 3 anni. L’Azienda è disponibile a mostrare i risultati ottenuti, invitando la clientela nelle proprie tartufaie e insegnando personalmente le tecniche per la tartuficoltura e la coltivazione del tartufo.
Altro punto importante è che le nostre piantine vengono messe in vasetto su terreno naturale, non in sub-strato artificiale. Questo non comporta per la pianta lo shock da trapianto, sia a livello fogliare sia a livello radicale, cioè delle micorrize e quindi del tartufo.
Una chiara indicazione nella scelta della pianta da tartufo per la propria tartuficoltura viene fornita osservando l’ambiente circostante. Le piante che meglio risultano adattate alle locali condizioni pedoclimatiche saranno le migliori. Le nostre piante sono ottenute da semi e tartufi provenienti dallo stesso ambiente (Italia centrale, Toscana, Piemonte) e non da quelli esteri. In questo modo non si rischia di mettere a dimora piantine che presentano un temperamento di fasi vegetative e un apparato radicale in distonia con l’ambiente e il terreno in cui vengono impiantate, causando forti ritardi o mancata entrata in produzione della tartufaia.
In foto dei tartufi cavati nell’estate 2009 nelle nostre tartufaie, 1,5kg.!
Tecniche di impianto
L’impianto di una tartufaia inizia con la preparazione del terreno. Si può procedere in due modi differenti, ma validi entrambi. O si fa una aratura di 30-40 cm. massimo, durante l’estate, procedendo poi nei primi mesi autunnali a sminuzzare ulteriormente il terreno con una erpicatura. Nel caso in cui non si voglia lavorare il terreno con mezzi meccanici si ricorre all’impianto a buche: si apriranno buche larghe 40x40 cm. e profonde massimo 25-30 cm. La densità di impianto è molto importante per una buona riuscita di una tartufaia. Dall’esperienza diretta accumulata da noi stessi, la misura tra pianta e pianta che dà migliori risultati è 5 metri tra le file e 3 metri lungo la fila. La densità è tale da permettere una rapida colonizzazione del terreno da parte del micelio ma non eccessiva al punto da rendere limitato lo spazio radicale o un eccessivo ombreggiamento. La posa a dimora delle piantine va da fine novembre a tutto maggio e oltre. Per compiere questa operazione la piantina va estratta con molta cura dal vasetto, senza rompere tutto il pane di terra. La pianta viene posta al centro della buca, in modo che il pane di terra venga a trovarsi sotto la superficie di 1,5-2 cm.
Dopo la messa a dimora delle piantine da tartufo, tutta la concentrazione del neotartuficoltore si focalizza verso il metodo di coltivazione più adatto per la buona riuscita della tartufaia e quindi per l’ottenimento di buoni alberi da tartufo. Le cure colturali sono indispensabili per l’accrescimento dell’apparato radicale e quindi per creare le condizioni ideali per la crescita delle micorrize. Bisogna fissare due fasi fondamentali per la coltivazione del tartufo. La prima, dalla messa a dimora della pianta da tartufo alla formazione del pianello; fase che ha una durata dai 2 ai 7 anni. Questa ha un periodo comunque molto variabile, dovuto principalmente alla qualità della pianta simbionte, alla fertilità del terreno e alla giusta coltivazione delle piante da tartufo. Prima della comparsa dei pianelli, c’è stato sempre un dibattito tra i vari tartuficoltura, sul tenere o meno libero il terreno dalla coltivazione erbacea. Su questo argomento abbiamo scuole di pensiero differenti, entrambe francesi: il primo, il metodo Pallier; l’altro, il metodo Tanguy. Il metodo Pallier asserisce la più assoluta pulizia della tartufaia. Questo metodo ritiene che con una buona lavorazione del terreno si toglie una cotica erbosa, si dà una buona aereazione del terreno, favorendo lo sviluppo della pianta da tartufo e delle micorrize. Con la lavorazione si posso spezzare diverse radici, però questo è a favore di altre radici che cresceranno in maggior numero micorrizate. L’inconveniente di questo metodo è che con la lavorazione, dovendo utilizzare un mezzo pesante, si può costipare il terreno: il tutto a discapito della tartufaia. Aspetto positivo del metodo Tanguy è quello della concorrenza delle erbe con la pianta tartufigena, a tutto vantaggio di quest’ultima che a causa della stretta vicinanza con l’erba rallenta la crescita, con un notevole miglioramento a livello radicale da parte del micelio. Il nostro vivaio ha sempre sostenuto la migliore qualità delle piante, a livello radicale, delle piante piccole rispetto a quelle grandi. La vegetazione inoltre evidenzia l’evoluzione del pianello nel corso degli anni seguendo il suo sviluppo. La cotica erbosa inoltre protegge il terreno dal degrado e l’erosione, sopratutto se situato in pendenza. Per contro la non lavorazione lascerà alle erbe infestanti di soffocare la piantina, in alcuni casi rallentandone la crescita e lo sviluppo miceliare. Altro punto negativo è che la cotica erbosa lasciando il terreno costipato, costringerà i tartufi, al momento dell’inizio della produzione, di svilupparsi in superficie a danno degli attacchi di insetti, lumache e della regolare maturazione. L’azienda Angelozzi è sempre a disposizioni per eventuali soluzioni tecniche personalizzate, per qualsiasi terreno (comunicandoci l’esposizione, la tessitura, la pendenza, l’altitudine e altri elementi riconducibili ad un microclima e a un ambiente locale).